MATTE PER SEMPRE - OSPEDALE PSICHIATRICO - PALERMO
ita
ita
Non solo fotografia...
Matte per sempre
Dal 1985 al 1989
Eravamo un gruppo di lavoro, che faceva volontariato e animazione dentro l'ospedale psichiatrico di Palermo, si faceva teatro, musica, yoga e tanto altro, per restituire umanità e dignità a tutte quelle donne estromesse, recluse e allontanate dalla società.
Mia madre, Letizia Battaglia, Franco Zecchin, Riccardo liberati, Massimo Verdastro, Pippo Zimmardi e Sabina de Pasquale, con altri amici volontari, si partecipava insieme, portando qualcosa di meraviglioso per tutti loro.
È stato un miraggio di luce dentro tanto dolore.
Un giorno ho incontrato Domenico Modugno in un ospedale psichiatrico siciliano, il suo volto era sconvolto dal dolore, era un parlamentare, del partito radicale, dopo avere constatato le condizioni disumane in cui questi esseri umani erano costretti a vivere, presentò anche delle interrogazioni parlamentari.
Shobha
"Visto da vicino nessuno è normale"
(Franco Basaglia)
"Quando qualcuno è folle ed entra in un manicomio, smette di essere folle per trasformarsi in malato.
“Dal momento in cui oltrepassa il muro dell'internamento, il malato entra in una nuova dimensione di vuoto emozionale [...]; viene immesso, cioè, in uno spazio che, originariamente nato per renderlo inoffensivo e insieme curarlo, appare in pratica come Il manicomio era regolamentato dalla Legge Giolitti del 1904, secondo la quale queste strutture dovevano gestire i cosiddetti “alienati mentali, pericolosi a se stessi e agli altri”.
In realtà l’internamento era esteso anche a persone considerate “di pubblico scandalo” e, come dice Crosignani a The Vision, tutti gli individui reputati come socialmente e fisicamente falliti, privi di appoggio familiare o senza occupazione lavorative, prostitute, orfani problematici che si erano comportati male in istituto, ragazze scappate di casa e così via: tutti coloro che l’ordine della società del tempo, per un motivo o per l’altro, voleva emarginare. Questo faceva sì che all’interno dei manicomi mondi e storie personali estremamente diverse tra loro si incontrassero, contribuendo a complicare le dinamiche dell’ambiente. La maggior parte degli internati però proveniva dalle classi più povere della popolazione e molti di essi avevano storie familiari travagliate.
Negli anni Sessanta, il numero di internati in tutta Italia arrivò fino a 100mila, divisi sia in strutture pubbliche, gestite a livello provinciale, che private, gestite da enti sovvenzionati dalle stesse province. Tuttavia, in certi casi, si arrivava ad avere al massimo un solo manicomio, che andava a coprire un territorio anche molto vasto, che poteva comprendere anche diverse città e relative province. Ciò creava disagi profondi sia per gli internati che per le loro famiglie, in quanto queste ultime per andare a trovare i loro cari dovevano fare molta strada. Tutto ciò veniva usato da alcuni malati per offenderne altri durante le discussioni che intavolavano, discriminandoli e ferendoli ulteriormente con frasi del tipo: “Tu non hai il parlatoio, io sì”. La gestione dei malati, come ormai è emerso, era inumana, e si basava sul terrorismo psicologico, usato preventivamente con intento di pura sorveglianza. Le terapie non esistevano.
Secondo la legge Giolitti, ogni anno una commissione di vigilanza aveva il compito di visitare queste strutture e riferire le condizioni di vita dei malati. Questi controlli però erano vere e proprie truffe, in quanto venivano annunciati prima di essere svolti e spesso alle commissioni prendevano parte gli stessi direttori dei manicomi, che naturalmente contribuivano a insabbiare la reale situazione delle strutture in cambio di favori analoghi.
Tutto ciò contribuì a un progressivo degrado strutturale e organizzativo e all’accettazione di qualsiasi sopruso sui pazienti, considerati peggio degli animali. Per Crosignani è stata questa esperienza che lo ha portato a capire quanto un essere umano possa agire sulla vita dell’altro, come possa profanarlo, violentarlo e ridurlo a una nullità, un luogo paradossalmente costruito per il completo annientamento della sua individualità, come luogo della sua totale oggettivazione. Se la malattia mentale è, alla sua stessa origine, perdita dell'individualità, della libertà, nel manicomio il malato non trova altro che il luogo dove sarà definitivamente perduto, reso oggetto della malattia e del ritmo dell'internamento. L'assenza di ogni progetto, la perdita del futuro, l'essere costantemente in balia degli altri senza la minima spinta personale, l'aver scandita e organizzata la propria giornata su tempi dettati solo da esigenze organizzative che – proprio in quanto tali – non possono tenere conto del singolo individuo e delle particolari circostanze di ognuno: questo è lo schema istituzionalizzante su cui si articola la vita dell'asilo.”
FRANCO BASAGLIA
Copyright Shobha
All rights reserved
eng
Not just photography ...
Crazy forever - Psychiatric Hospital
From 1985 to 1989
We were a working group, which volunteered and animated in the psychiatric hospital of Palermo, did theater, music, yoga and much more, to restore humanity and dignity to all those women who were ousted, imprisoned and removed from society.
My mother, Letizia Battaglia, Franco Zecchin, Riccardo Liberati, Massimo Verdastro, Pippo Zimmardi and Sabina de Pasquale, with other volunteer friends, participated together, bringing something wonderful for all of them.
It was a mirage of light in so much pain.
One day I met Domenico Modugno in a Sicilian psychiatric hospital, his face was upset by pain, then he was a parliamentarian, of the radical party, after having ascertained the inhuman conditions in which these human beings were forced to live, he also presented parliamentary questions.
Shobha
"Seen up close nobody is normal"
(Franco Basaglia)
"When someone is insane and enters an asylum, they stop being insane and turn into sick.
“From the moment he goes beyond the wall of internment, the patient enters a new dimension of emotional void [...]; it is placed, that is, in a space that, originally born to make it harmless and at the same time cure it, appears in practice as The madhouse was regulated by the Giolitti Law of 1904, according to which these structures had to manage the so-called "mentally insane, dangerous to themselves and to the others ".
In reality, the internment was also extended to people considered "public scandal" and, as Crosignani says to The Vision, all individuals deemed socially and physically bankrupt, without family support or without employment, prostitutes, problematic orphans who they had behaved badly in the institute, girls who ran away from home and so on: all those who the order of the society of the time, for one reason or another, wanted to marginalize. This caused extremely different worlds and personal stories to meet within the asylums, helping to complicate the dynamics of the environment. However, most of the internees came from the poorest classes of the population and many of them had troubled family histories.
In the 1960s, the number of internees throughout Italy reached 100 thousand, divided into both public structures, managed at the provincial level, and private ones, managed by subsidized entities from the same provinces. However, in certain cases, there was at most one asylum, which covered a very large territory, which could also include several cities and their provinces. This created profound discomforts both for the internees and their families, as the latter had to go a long way to visit their loved ones. All this was used by some sick people to offend others during the discussions they started, discriminating and further wounding them with phrases such as: "You don't have a parlor, I do". The management of the sick, as has now emerged, was inhuman, and was based on psychological terrorism, used in advance with the intention of pure surveillance. Therapies did not exist.
According to the Giolitti law, every year a supervisory commission was responsible for visiting these structures and reporting on the living conditions of the sick. These checks, however, were real scams, as they were announced before being carried out and often the directors of the asylums took part in the commissions, who naturally contributed to cover up the real situation of the structures in exchange for similar favors.
All this contributed to a progressive structural and organizational degradation and to the acceptance of any abuse of the patients, considered worse than animals. For Crosignani it was this experience that led him to understand how much a human being can act on the life of the other, how he can profane it, rape it and reduce it to a nullity, a place paradoxically built for the complete annihilation of his individuality, as a place of its total objectification. If mental illness is, at its origin, a loss of individuality, of freedom, in the asylum the patient finds nothing but the place where he will be definitively lost, made the object of illness and the rhythm of internment. The absence of any project, the loss of the future, being constantly at the mercy of others without the slightest personal push, having marked and organized one's day on times dictated only by organizational needs which - precisely as such - do not they can take into account the individual and the particular circumstances of each one: this is the institutionalizing scheme on which the life of kindergarten is articulated. "
FRANCO BASAGLIA
Copyright Shobha
All rights reserved